Ci sono luoghi di Bologna che ancora resistono all'estetica del turismo: non sono fotogenici, non sono decorosi, non espongono il bollino Unesco e non vendono tortellini a 35 euro al chilo.
Eppure, proprio in quanto fanno resistenza, esprimono al meglio il genius loci della città, la sua attitudine ribelle. Luoghi dove crescono piante inattese, dove la cultura cambia l'uso degli spazi, dove si può abitare anche senza dimora, dove la notte è di tutti e tutte.
Questa guida li raccoglie in quattro percorsi grazie al lavoro di tre redazioni di comunità, cioè di persone che vivono Bologna e non si rassegnano a contemplarla mentre si trasforma nella sua cartolina.
dalla presentazione di Wu Ming 2
La resistenza delle piante, nel cuore di una metropoli, assume forme e significati diversi, a seconda dello spazio nel quale si produce e degli elementi urbanistici a cui si oppone.
Una pianta può resistere crescendo laddove non sarebbe previsto: in maniera spontanea, come un fico nel salotto di una casa diroccata, oppure con l'aiuto degli esseri umani, grazie ad azioni di guerrilla gardening, bombe di semi lanciate su aiuole incolte, aree verdi strappate al cemento, orti urbani allestiti ai margini della ferrovia. Piante resistenti possono riunirsi per dar vita a percorsi liberi dall'asfalto, corridoi biologici per pedoni, ciclisti e altri animali, sentieri non segnati sulle mappe catastali, scorciatoie, vie di fuga, linee del desiderio. Itinerari che attraversano proprietà private e rivendicano il diritto alla viandanza, al passaggio libero di chi cammina o striscia.
Sono piante resistenti anche quelle che costringono la metropoli a modificare i suoi piani, impedendo a una strada di proseguire dritta, a un parcheggio di sorgere, a un cancello di chiudersi.
da Wu Ming 2
Abitare in una città non significa solo avere casa al suo interno, e abitanti non sono solo coloro che hanno nella città la residenza o il domicilio. Fanno parte della comunità di abitanti anche persone che vivono la strada, emarginate dalla società e dal mondo del lavoro. Per loro, abitare significa esercitare una forma e una pratica di resistenza, che il più delle volte il resto della popolazione non conosce.
Da una parte, esiste così una comunità di abitanti che si trova costretta a fare esperienza dello spazio urbano in modo non convenzionale e, dall’altra, esistono una serie di spazi urbani residuali, che trovano significati inattesi proprio in quanto vissuti e abitati da questa comunità.
Per colmare queste distanze, un gruppo di volontari di Piazza Grande ha dato vita al laboratorio Gira la Cartolina, che dà voce e ascolto alle storie eterogenee di chi abita Bologna, con e senza dimora. I luoghi, le persone e le esperienze del laboratorio entrano nella guida Nonturismo per riconoscere e valorizzare la resistenza dell’abitare.
I luoghi di resistenza culturale sono quelli dove abitiamo e viviamo in maniera alternativa rispetto alla destinazione prevista, sovvertendo lo scopo che l'architetto o l'urbanista avevano immaginato per loro. Questi luoghi sono tanto più resistenti, quanto più la loro metamorfosi avviene in maniera libera, spontanea, senza rispondere a bandi pubblici o seguire progetti approvati dall'amministrazione. E sono tanto più culturali, quanto più il loro uso alternativo si discosta da quello originario in maniera creativa, impensabile e ribelle.
Ecco alcuni esempi: un capannone industriale dove si tengono concerti, il sagrato di una chiesa dove si gioca a pallone, un parcheggio dove si va a ballare, un terreno dismesso trasformato in orto, una barriera antirumore che diventa una galleria di arte murale, un parco pubblico dove si tengono serate di astronomia, una scalinata usata come luogo d'aggregazione, un'occupazione abitativa in un palazzo per uffici…
da Wu Ming 2